Cinque motivi per rivedere DuckTales in attesa della nuova serie

Cinque motivi per rivedere DuckTales in attesa della nuova serie

Di Filippo Magnifico

A cura di Michele Monteleone
Sempre di più si discute sulla cattiva influenza della nostalgia sul mercato e spesso sono d’accordo nel dire che andrebbe incentivata piuttosto la creazione di nuovi personaggi e nuove storie, in modo che queste formino un panorama culturale davvero moderno e non un surrogato degli anni ottanta. Ma non è il caso di DuckTales, sono felice che abbiano deciso di rilanciarlo con una serie reboot e me ne frego se stanno vilmente sfruttando la mia nostalgia. Facessero pure, ne voglio ancora.
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Qui sotto una lista di cinque buoni motivi per riguardare la serie originale dei DuckTales con vostro figlio, prima che sia troppo tardi ed esca la nuova!

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1- La sigla perfetta
La prima volta che ho visto DuckTales avrò avuto cinque anni e non è servito altro che un minuto di sigla per farmi innamorare perdutamente, un minuto esatto in cui si vedevano: un’onda anomala formata da sacchi d’oro che si sta per abbattere su Paperone nel suo deposito, un elicottero che sorvola Paperopoli in evidenti difficoltà, la Banda Bassotti che sfreccia in macchina, Quo che spara con una pistola laser, Jet McQuack che si butta ad in picchiata con un biplano, Paperone che attraversa una sorta di strano portale, Qui, Quo e Qua che seguono Paperone su una scala a chiocciola in quella che sembra la segreta di un castello, Archimede in armatura medievale, Paperone che si tuffa nel deposito, Paperone e Gaia su un sottomarino inseguito da uno squalo, Qua vestito da torero che scappa a un drago vestito con la maglia della banda bassotti, un gigantesco fratello della Banda Bassotti che tiene sul palmo della mano Paperone e una manciata dei suoi dobloni d’oro, Amelia che ride cattiva, Qui, Quo e Qua che fanno a torte in faccia con Paperone, Qua che fugge dalla banda bassotti arrampicandosi su una parete di roccia, Qui, Quo e Qua che vendono inseguiti da una mummia a cui hanno appena rubato una pietra luminescente, Paperone che fugge dal crollo di un pavimento prima di saltare nel vuoto e aggrapparsi a un cornicione pericolante, un gruppo i robot che giocano a Hockey sul prato, Paperone che cerca di afferrare una banconota nel vuoto dello spazio, Paperone che corre su un carrello da miniera, Qui, Quo e Qua alle prese con una tigre, Paperone e Cuoredipietra che gareggiano scalando un obelisco per afferrare per primi una lampada d’oro, si chiude con il logo.

Un minuto di sigla che prometteva avventura a palate e aveva tutta l’intenzione di rispettarla quella promessa.
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2- Se ami Indiana Jones, non puoi non amare DuckTales
Penso di avere imparato a dire, prima di Mamma e Papà, Dr. Jones, penso di non essere l’unico e penso anche che gli autori di DuckTales questa cosa la sapessero bene. Per chi come me ha passato l’infanzia a voler fare “l’archeologo” e a cercare indizi di un passaggio segreto, sparsi nelle chiese visitate con i genitori, il logo della serie animata della Disney non poteva che richiamare quello di Indiana Jones e, per questo, attrarci come una falena alla luce. Nella mia memoria è stampato, fotogramma per fotogramma, ogni film della trilogia e Indiana Jones mi aveva insegnato una regola importantissima dell’intrattenimento: in un buon film d’avventura, non devi mai sapere cosa sta per succedere e l’azione non deve fermarsi mai. È una lezione importante che è la base fondante delle storie che preferisco, dai fumetti di Tin Tin ai film di James Bond, ai romanzi di Dumas… e DuckTales la seguiva alla lettera. Gli episodi erano divisi in due, la Disney in quegli anni abbandonava il vecchio formato usato dalla Disney in quel periodo da un’ora a puntata, per stabilizzarsi sul più comodo da mezz’ora, dividendo le puntate in cinque parti con un grosso cliffhanger* tra ogni segmento. Una “distanza”, quella dei trenta minuti, che in DuckTales veniva percorsa a perdifiato, mantenendo sempre un ritmo altissimo e facendo sì che fosse sempre grazie all’azione che si passasse da un’ambientazione esotica all’altra, da un sotterraneo alla cima di un tempio azteco, dalle profondità del mare a un aereo che precipitava e, ogni volta che succedeva, il mio cuoricino di sbarbo, palpitava d’emozione nel riconoscere quel ritmo frenetico e quell’imprevedibilità, tipici della grande Avventura.
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3- I grandi vivono grandi avventure
Ai margini della vita dei bambini, c’è un mondo nascosto e misterioso che sussulta celato da un velo sottilissimo ed è l’esistenza degli adulti. Quando facevo le elementari, ricordo distintamente di aver chiesto a mia madre dove venivano “messe” le maestre quando io non stavo a scuola. Per me era inconcepibile che avessero una vita tutta loro, lontane dalla mia vista. Anzi, probabilmente erano più simili a una macchina che viene parcheggiata in garage, delle specie di robot che si spengono quando finiscono di lavorare. Scoprire, attraverso quella domanda fatta a mia madre, che le maestre avevano una vita loro, mi impressionò notevolmente e iniziò a insinuare in me il dubbio che gli adulti fossero noiosi (perché ammettiamolo sinceramente, più si cresce più si diventa barbosi) solo quando ero presente io, che quella mediocrità non fosse altro che una specie di protezione, come il caschetto che ero costretto a portare in bici, per allontanarmi dal pericolo delle incredibili avventure che gli adulti vivevano in segreto. DuckTales mi dava pienamente ragione. Il mondo è un posto pieno di eccitanti pericoli e tesori nascosti e, se si riescono a convincere gli adulti a portarti con loro, anche tu, come Qui, Quo e Qua, puoi partecipare a quella vita segreta. Perché era questo che si capiva dalla serie di Ducktales: i grandi hanno solo bisogno di una spintarella da parte dei bambini e, anche loro, sono in grado di divertirsi. È vero, spesso le motivazioni che spingevano Paperone ad andare alla ricerca di un tesoro nascosto, erano ben poco altruistiche, la sua passione per le cose scintillanti dopo tutto non è certo un mistero, ma la grande bellezza della serie era che, con il procedere dell’avventura, era chiarissimo che Paperone iniziava a divertirsi, che, come noi piccoli spettatori incantati davanti alla tv, si stava appassionando e voleva vedere anche lui quale meraviglia si nascondeva dietro all’angolo successivo.
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4- Ha uno spin-off riuscitissimo
Posso ammettere che non sia esattamente un motivo per guardare Ducktales, ma una menzione all’epoca dell’esplosione delle serie Disney andava fatta. Infatti la casa di topolino, grazie al successo di DuckTales aggredì quel segmento di mercato mettendo a segno un buon numero di colpi: tra cui Cip & Ciop Agenti Speciali, TaleSpin e un riuscitissimo spin-off proprio di Ducktales. Il mio preferito all’epoca era proprio quest’ultimo: Darkwing Duck, in cui Jet McQuack, l’improbabile e incredibilmente incline al disastro pilota di Paperone, si trasferisce da Paperopoli a St. Canard, dove finisce per diventare l’amico e assistente del supereroe Darkwing Duck. Darkwing era una riuscitissima parodia di supereroi pulp come The Shadow (al quale ruba il costume) e Green Hornet, il protagonista inventava ad ogni entrata in scena una nuova catch phrase, utilizzava strani e complicati gadget e si scontrava contro nemici dai costumi e dai nomi improbabili come Liquidator, Megavolt, Negaduck e Clorofix. Darkwing Duck era divertente e non nel senso di appassionante (ed era anche questo), ma proprio divertente da lacrime agli occhi. Certo se avete quarant’anni suonati e lo rivedete oggi, potreste non essere d’accordo con la mia ultima affermazione, ma anche ‘sti cavoli siete vecchi e stiamo parlando di un cartone, è evidente che non ci potete capire nulla.
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5- La nuova serie è una bomba
Se siete dei bambini (come me) o se ne avete, il mio consiglio è comprarvi le vecchie serie di DuckTales soprattutto per prepararvi alla nuova. Infatti due giorni fa un reboot della serie originale del 1987, ha debuttato su Disney XD con un episodio speciale di un’ora e arriverà in Italia, sempre su Disney XD, questo autunno. E com’è questa nuova serie? A giudicare dal primo episodio speciale: una BOMBA!
Infatti la Disney è riuscita nel difficile compito di coniugare l’innovazione nell’aspetto visivo, con una ripresa dello spirito tradizionale della serie originale. Il tratto naif utilizzato dagli animatori, i colori saturi e un’estremizzazione di certi passaggi, ne fanno una serie modernissima, vicina ai cartoni amati dalle nuove generazioni (e da me che sono un bambino).
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Nella storia Qui, Quo, Qua, non conoscono ancora Paperone, o meglio ne riconoscono la fama di multimiliardario e irrefrenabile avventuriero, ma non sanno che si tratta del loro prozio. Spendo due parole per dire che è ammirabile la capacità con cui gli sceneggiatori sono riusciti, in pochi minuti, a definire perfettamente la personalità di ognuno dei tre fratellini. Dalla sua, Paperone ha smesso di viaggiare, ha appeso la tuba al chiodo e ora si crogiola in una stanca malinconia. L’arrivo dei nipoti accenderà la miccia per il ritorno all’avventura e il tutto avverrà grazie a un avvenimento ricorrente della mia infanzia: venire chiusi in camera. Ora non pensate che i miei mi mettessero in catene dietro alle sbarre, ma dopo un’intera mattinata passata a esaurire le loro forze al mare, io e mio fratello eravamo gentilmente invitati a fare il riposino pomeridiano o semplicemente a giocare in camera nostra. Non c’è stato giorno che non tentassimo la fuga… se non sbaglio mio fratello si lussò una spalla cadendo da un ramo che arrivava fino alla nostra finestra al secondo piano della casa al mare. Comunque è esattamente quello che succede ai tre fratelli nel nuovo DuckTales, vengono chiusi da Paperone in una stanza a giocare con le biglie, ma il richiamo dell’avventura e la consapevolezza di essere nella casa di qualcuno che di avventure ne ha vissute a bizzeffe, è troppo forte per resistere.
Come ho ripetuto praticamente per cinque volte, è proprio quell’incredibile spinta a mettersi nei guai il cuore palpitante della serie quindi preparate la vostra jeep/aereo/sottomarino e sgommate/planate/immergetevi nell’avventura!
*Una tecnica di scrittura per cui una pausa narrativa viene messa in corrispondenza di un momento di particolare tensione nella storia, come il nostro eroe appeso a una roccia a in procinto di cadere nel vuoto.
Carl Banks
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